Nel nulla nebbioso della Bassa Padana, tra cascine povere di cibo, di sogni, di parole, al tempo in cui la campagna scivolava inesorabilmente verso la città comincia una storia di dolore e di amore: quella di una bambina destinata a essere "nessuno". Una povera ragazza che si aggira indifesa nel mondo, dalla miseria della Bassa contadina alla disorientata brutalità delle case chiuse della città. Un uomo le tende una mano con un amore fatto di parole, di piccoli gesti, di sogni minimi: una casa, un figlio, semplicemente una vita. Ma il sole dell'avvenire non sorge su chi è destinato al "nulla", brilla solo per un attimo e poi si spegne. E la storia finisce, ma comincia un romanzo straordinario che dà voce a quelle che non hanno voce, con uno stile vivido, potente e tragicamente reale.


Incontri con l’autrice

Sabato 26 gennaio ore 18.00: Libreria EquiLibri Via Farneti, 11 – Milano

Venerdì 28 marzo ore 18.00: Mondadori Franchising Centro 
Commerciale Euro Torri p.zza Balestrieri, 2/a – Parma

Lunedì 3 marzo ore 20.30 Ristorante Ronchi 78 Milano

Domenica 16 marzo ore 11.00  Libreria Meroni Como

Venerdì 4 aprile ore 21.00 Biblioteca di Opera (MI)

Venerdì 11 aprile ore 21.00 Libreria Ubik Omegna (VB)

Venerdì 18 aprile ore 18.00 Libreria Mondadori Parma

mercoledì 16 gennaio 2008

«La vostra storia inizia qui

La luce di un amore o il suo declino. Il principio di un viaggio o la sua ultima destinazione. Un’alba, una notte. Una nascita, un addio… Questo è il vostro spazio. Un luogo virtuale, fatto di persone ed emozioni reali, in cui potrete raccontare l’inizio oppure la fine di qualsiasi momento significativo della vostra vita. Un modo speciale per dare voce alla vostra voce, insieme ad altrettante voci che hanno desiderio di farsi sentire. Un’occasione per scolpire i ricordi, i sentimenti, il tempo di ieri e quello di oggi nell’infinita alchimia che solo le parole dette sanno regalare.

la nazione

la nazione

La recensione di BOL

Il paesino deve essere davvero lontano, dimenticato da tutto e da tutti. Il tempo non esiste più, ma la polvere che copre le cose abbandonate, quella c'è ancora. Certe cose scompaiono, altre smettono di esistere. Ma la tenace volontà di chi non vuole farsi dimenticare ha la meglio sul tempo. Così la protagonista del primo romanzo di Lucia Ravera. È lei che detta la sua storia alla giovane autrice. Ci troviamo subito in un campo, poi in una cascina, poi in una famiglia. La mamma. "Che mani aveva la mamma. (...) sul palmo tanti di quei calli, che quando me le dava di passaggio, che dolore, ma quando mi faceva le care, che bellezza". Il fratellino. " (...) Alfonsino, più grande di me di cinque anni, ma un po' sbilenco di crapa dalla nascita". Sono ricordi di una bambina che si divertiva con poco, perché poco aveva. Un giorno nella casa padronale, al posto dei genitori anziani arriva la nuova generazione, coppia sposata con un figlio. Che all'inizio sembra possa sostituire i compagni di giochi immaginari della giovane protagonista, poi ne diventa l'orco. Alla scomparsa della mamma, la ragazzina scappa, il fratello viene messo in un istituto psichiatrico. Da questo momento in poi inizia la nuova vita, forse inizia la storia. Il tentativo di allacciare i rapporti con un padre che ti chiama "bastarda". L'arrivo in una nuova città e la vita da sciantosa. I profumi e i balocchi. Da Piccinina a Eva. Inizia una nuova fase di vita. E la storia va avanti. Qui l'incontro con l'amore, quello di una vita, fatto di baci, di un dono come un frigorifero, da aprire per sentirne il fresco, e di una lavatrice, con la quale attendere il giorno del bucato come se fosse una festa. La vita vera, quella che non esiste più. L'amore fatto di cose semplici e innocenti. L'amore che la salva, la porta via e le fa vivere un sogno. Fino al momento in cui torna il dolore, per una, due scomparse. E la disperazione che non fa ragionare. Fino alla fine della storia... Il linguaggio sgrammaticato è nostalgia, non rabbia per la disattenzione, solo nostalgia. Perché leggerlo? Perché a volte, più spesso di quanto immaginiamo, una storia così fa bene. Per staccare dai soliti gialli, dai soliti psicothriller, dai libri del momento, per una scelta diversa. Per ritrovare parole lontane, musica del passato, sensazioni dimenticate.

Valeria Merlini  

RECENSIONI

RECENSIONI



M a n g i a l i b r i

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La storia finisce qui

Lucia Ravera

Mursia 2008

Nella casa della sciantosa la chiamavano Eva, ma il suo nome è un

altro: il nome è l’unica cosa che è riuscita a proteggere. Perché la vita

non è stata generosa: è cresciuta in una casa che malapena bastava

per tre, lei, la mamma e il fratello Alfonsino, è andata a servizio dai

padroni della cascina e la sua amicizia con Mario, il figlio dei signori,

è stata tradita dalle attenzioni di lui brutalmente trasformate in

violenza, è stata costretta ad abbandonare il paese dopo la morte

della mamma lasciando indietro il suo cane (l’unica vera compagnia

dell’infanzia) e affidando il fratello a un istituto dove nessuno sa

lenire l’angoscia dell’handicap che lo strazia. Sul suo cammino ha

incontrato persone buone: la sciantosa che l’ha avviata alla

professione più vecchia del mondo ma l’ha sempre protetta e a suo

modo amata, l’amica Teresa, l’Ernesto il comunista, e Antonio. Il suo

Antonio. Che l’ama e la riempie di baci, e la sposa nonostante il

matrimonio sia contrario al suo credo politico e alla sua filosofia di

vita. Antonio sa amarla, e il loro bambino sarà il più bello di tutto il

paese. Ma la vita pretende ancora lacrime, e un giorno la felicità

finalmente toccata a mani piene scappa via all’improvviso…

Il romanzo di Lucia Ravera racconta la vita con brutale

i.mmediatezza, usando il linguaggio delle cascine della bassa padana e

insinuando nelle ossa l’umidità delle risaie. La storia di “Eva che non

è Eva” (svelarne qui il vero nome significherebbe raccontare in

qualche modo parte dell’epilogo) è il cammino drammatico e

disincantato di una giovane donna verso l’illusione dell’amore, della

stabilità, di una protezione che nessuno ha mai saputo garantirle se

non per momenti troppo fuggevoli. Illusione meravigliosa e semplice

insieme, destinata a crollare senza spazio per la pietà di fronte al

dramma. E alla crudeltà di una vita segnata fin dalla nascita, fin dal

primo rifiuto di un padre inesistente che non ha la minima intenzione

di conoscere la figlia o sfiorarle il viso con una carezza. Le aspettative

di questa donna errante, sola, abusata sono piccole e probabilmente

banali, eppure appaiono enormi, eccessive di fronte al destino che ha

deciso di toglierle ogni residuo sorriso. E il finale non è altro che un

ritorno annunciato: all’essenza, al controsenso di vivere ai margini di

una strada ferrata su cui i treni passano lanciando fischi nel vuoto dei

campi. La storia finisce qui è un romanzo breve e densissimo, che

lega e appassiona, e strappa lacrime avare come il dialetto della bassa

padana e la terra scura sotto le unghie, che non va via neanche

quando si strofina il sapone fino a farsi male. 


mariagiovanna luini


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